Venerdì e sabato sono andato allo Student Day. Ho introdotto la presentazione che i miei colleghi docenti hanno fatto delle lauree triennali del mio Dipartimento, davanti a diverse classi piene di studenti delle superiori. Guardandoli negli occhi ho provato quello che provo le poche volte, ormai, che vado a studiare in biblioteca o in archivio (sono uno storico): ho ritrovato il motivo per cui molti anni fa ho iniziato a fare questo mestiere, la convinzione che l’Università sia per me il posto migliore dove lavorare.
Ho girato i vari stand dei diversi Dipartimenti e corsi di laurea, ascoltando i tutor che presentavano agli studenti in visita i loro corsi, magari con parole che a me non verrebbero mai in mente. Ho salutato colleghe e colleghi che hanno lavorato a lungo per il successo di questa manifestazione e ho avuto anche un’altra sensazione, che proverò ora ad esprimere.
Provo una diffidenza ideologica per chi parla delle aziende come ‘grandi famiglie’. Di solito sono i titolari, oppure gli amministratori che prendono decine o centinaia di volte lo stipendio di un operaio o un impiegato. Eppure, credo che si possa pensare ad un’Università pubblica come a un qualcosa di più che un semplice posto di lavoro dove passare otto ore al giorno. Lavorare per la formazione e la conoscenza, per la loro diffusione, è qualcosa in più, che ci dovrebbe dare soddisfazione, una coscienza comune e una spinta maggiore. Possiamo chiamarlo ‘senso di appartenenza’, ‘senso di comunità’?
Questo ho visto negli occhi di chi lavorava l’altro giorno allo Student Day 2019.