La legge Gelmini ha disegnato un ruolo di grande importanza per la componente studentesca in tutti gli organi decisionali dell’Ateneo, dai Consigli di Dipartimento, al Senato, al Consiglio di Amministrazione. Mentre, ad esempio, nelle Commissioni paritetiche il ruolo degli studenti è sempre più partecipe e attivo, il loro coinvolgimento in questi altri organi è difforme e legato a motivi diversi. Non gli si può dar torto: spesso ascoltano per ore discussioni su questioni che non li toccano, né riguardano minimamente, sottraendo tempo alle lezioni e allo studio.
Nella mia (ormai lunga) vita nell’Università ho tuttavia notato una cosa: non di rado coloro che si assumono questo tipo di impegno hanno una particolare attenzione per la dimensione istituzionale e gestionale. Moltissimi sono, infatti, i colleghi universitari che da giovani hanno avuto esperienze simili, o gli amministratori e i politici che all’Università hanno fatto una scelta di questo tipo (compreso un viceministro in carica). Lavorare negli organi accademici è, insomma, una buona palestra dal punto di vista amministrativo e anche politico.
Ho due proposte per coinvolgere sempre di più gli studenti nella vita degli organi decisionali dell’università.
La prima è organizzare degli incontri nei quali i rappresentanti degli studenti, appena eletti, vengono introdotti ai lavori delle istituzioni accademiche: spesso, infatti, gli studenti sono catapultati in organi di cui non sempre conoscono né il funzionamento, né le procedure, né, in fin dei conti, la funzione.
Poi si potrebbero forse costruire delle competenze specifiche, di carattere gestionale e amministrativo, inerenti alle cariche accademiche, mentre queste sono ricoperte. Una sorta di portfolio certificato di competenze gestionali e politiche, che può tornare utile per qualsiasi scopo: nell’associazionismo, nel volontariato, nella politica, nella professione.
Come fare tutto questo? Le soluzioni possono essere diverse, dall’Open Badge (Unipd) al Minor. Cosa sono? Basta leggere i prossimi post…