Ieri ho sentito un giovane collega molto bravo e una collega esperta, di due altri Dipartimenti. Il primo mi ha detto “Perché continui a ripetere che bisogna ripartire dalla didattica, tu che sei direttore di un dipartimento di eccellenza nella ricerca? Devi premere sul pedale dell’emulazione, della possibilità di far da traino”. L’altra mi ha rimproverato “È inutile ripetere che abbiamo avuto un solo Dipartimento di eccellenza. Passi per quello che vuol dare lezioni, che vuol fare il maestro”.

Quel risultato, ormai dietro le spalle, è da ascrivere ai Direttori che mi hanno preceduto e a tutti i colleghi del dipartimento, non a me. Quello che vorrei mettere a disposizione dell’Ateneo è un’esperienza di gestione e un metodo di lavoro. Basati sulla condivisione degli obiettivi, sull’idea che tutte le aree scientifiche debbano avere autonomia e responsabilità, sulla cooperazione e non sulla competizione. Un ambiente coeso, dove si discute di tutto e però si prendono le decisioni, dove non si finanzia solo l’eccellenza ma anche chi ha meno contatti e reti di relazioni, dove si include e non si esclude. Dove si cresce insieme, conoscendo chi fa cose diverse e usa strumenti e metodiche differenti.

I nostri Dipartimenti – e la nostra Università – devono essere vere comunità scientifiche. Dove lavorare per uno spirito comune, perché i benefici della scienza, della cultura, dell’arte ricadano sulla società intera, per il benessere e l’avanzamento generale.

Datemi fiducia e faremo questo percorso assieme.